Imparare ad accendere, durante le nostre attività abituali, la consapevolezza del corpo… l’attenzione al respiro… la pratica di Metta… una consapevolezza sempre più puntuale di reazioni… di emozioni… di attaccamenti… di avversione…
Lo sviluppo della pratica informale diventa, col passare del tempo, un’area sempre più cruciale del lavoro interiore.
Pur avvantaggiandosi enormemente della meditazione formale, dei ritiri e degli intensivi, la meditazione in azione si sviluppa e cresce in mezzo alle sfide piccole e grandi del quotidiano.
Cerca di mettere a fuoco in modo particolare questa frontiera.
La pratica in azione la si puo’ imparare ed attivare durante:
- le attivita’ manuali;
- le attivita’ intellettuali;
- gli incontri con persone;
- lo studio del dharma;
- la meditazione in comune con gli altri.
(questo è quanto ho ascoltato dal Maestro Corrado Pensa)
Ogni bene, Sudhammo
Se la mia pratica formale subisce anche troppo i condizionamenti della vita quotidiana essendo soggetto agli orari degli impegni di lavoro e quant’altro, la pratica informale gode di una ottima cura.
Infatti riesco molto bene a tenere ben alta “l’attenzione consapevole” alle attività quotidiane, dalle più semplici alle più complesse.
E’ un ottimo aiuto nelle attività lavorative: sembra che il tempo si dilati, riuscendo a fare meglio e con meno stress tutte le attività che sono chiamato a fare day-by-day.
Ricordo che molti anni fa partecipai ad una serata di incontro con il monaco Thich Nhat Hanh: personaggio sublime. Parlò proprio della pratica in azione. Decantava che la migliore pratica si fa con quelle azioni che meno ci piaccono fare. Fece l’esempio del lavare i piatti. Oggi, ogni volta che devo risciacquare anche un solo bicchiere mi torna in mente quella serata. Così come quando preparo il pranzo o la cena, le pulizie della casa, della persona… insomma tutte quelle azioni dove riesco a sfruttare la consapevolezza in quel che sto facendo.
Ogni bene, Sudhammo