Sangha – approfondimento

Il rifugio nel terzo gioiello implica la comprensione del contesto in cui agisce il lavoro interiore.

La crescita interiore non è un cammino individuale, ma un processo che si svolge in una relazione universale.

La pratica dunque non si limita a una dimensione personale, ma riguarda anche il rapporto con la realtà esterna.

Per Sangha si intende quindi la comunità dei praticanti, vale a dire l’insieme di coloro che dirigono le proprie energie verso il risveglio, verso la fine del dolore.
E’ possibile stabilire una relazione di fiducia e di reciproco sostegno con coloro i quali si condivide una particolare direzione di vita, e questa relazione è senza dubbio un terreno estremamente fertile per il lavoro interiore.
Un ambiente dove la consapevolezza è incoraggiata e non ostacolata dalla visione dualistica, è un pilastro fondamentale della pratica.

Ma se si approfondisce un po’ questo aspetto, si può notare che ogni essere lotta per liberarsi dalla sofferenza, dagli angusti confini della condizione esistenziale.
Da questo punto di vista il Sangha assume un valore esteso ad ogni creatura ed appare finalizzato al risveglio di qualità come l’amore e la compassione.

Quindi il Sangha non è una elite che praticano uno specifico sistema sapienziale.

Non si può escludere, dall’accezione del termine Sangha, coloro che percorrono un diverso cammino o apparentemente non percorrono alcun cammino.
Anche chi impiega la propria vita ad alimentare sofferenza in se stesso e negli altri, lo fa perchè si rapporta al proprio dolore attraverso i parametri di una mente contaminata, confusa.
Ma in realtà questo individuo agisce sulla spinta di un intimo bisogno di armonia, di pace. Ignorando le cause del proprio disordine, continua a puntellare con azioni e pensieri distruttivi.

Alla luce di queste considerazioni, escludere qualcuno dall’ambito del Sangha è una forma di giudizio di separazione che impedisce di entrare in contatto con la vita stessa.

Il rifugio nel Sangha, invece, conduce a un risveglio interiore che ha luogo nella relazione e nell’amore, e perciò si presenta come uno strumento per trascendere l’identificazione con l’io-mio, cioè per superare la concezione, talvolta sottile, di una mia pratica,  di una mia meditazione, un mio progresso spirituale. 

In conclusione, rifugiarsi nei Tre Gioielli richiede una profonda comprensione della propria motivazione a percorrere un sentiero spirituale, insieme alla capacità di integrarli nel proprio modo di vivere.

 

( questo ho ascoltato dal Maestro Corrado Pensa )

Ogni bene, Sudhammo

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