Vincenzo fu l’artefice del riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica nel gennaio 1991 dell’UBI come ente religioso e fu instancabile “spina nel fianco” dei diversi governi di questi anni per riuscire ad avviare gli incontri bilaterali finalizzati ad ottenere la legge per l’Intesa.
La sua opera per il buddhismo in Italia è stata fondamentale sia dal punto di vista organizzativo che per le idee e l’attività instancabile.
Negli anni settanta fu uno dei fondatori del grande Istituto Lama Tsong Khapa di Pomaia (Pisa) legato alla tradizione del Dalai Lama e dell’Istituto Samantabhadra di Roma, che aiutò sin dagli inizi quando venne in Italia, su invito del prof. Tucci, Geshe Jampel Senghe, maestro tibetano profugo dall’India dopo l’invasione cinese del Tibet.
Nel 1982 fondò la rivista PARAMITA – Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo, oggi giunta al diciottesimo anno di pubblicazione, che rappresenta il più solido esperimento italiano di una rivista incentrata non solo sull’insegnamento buddhista ma anche e soprattutto sul dialogo tra la cultura e la società occidentale e gli insegnamenti buddhisti; dal primo numero stralciamo: “Questi quaderni si propongono di recare un contributo alla conoscenza ed alla pratica delle diverse dottrine buddhiste: Theravada, Mahayana e Vajrayana. L’iniziativa è stata suggerita: . . . . dalla certezza che la diffusione del Buddhadharma può aiutare singoli individui e l’insieme della società ad elevare il livello della cultura, a migliorare le motivazioni dei comportamenti, a padroneggiare le inquietudini della mente.” E’ stato alla base della creazione nel 1985 a Milano dell’Unione Buddhista Italiana, di cui è stato dall’inizio vicepresidente e poi, dal 1992, Presidente Onorario.
Nel 1990 fondò il primo monastero italiano ispirato alla tradizione buddhista del sud est asiatico a Sezze, vicino Roma, una delle realtà monastiche occidentali più attive.
La sua coerenza con le idee che portava avanti è tangibile nei beni immobili che donò nel 1987 alla Fondazione Maitreya, Istituto di cultura buddhista, riconosciuto nel 1991 dal Ministero dei beni Culturali, sia all’Unione Buddhista Italiana, dando così i necessari mezzi di vita e sostentamento a questi due organismi.
La figura e l’opera di Vincenzo Piga hanno certamente influenzato la presenza del buddhismo in Italia e grande è il debito di riconoscenza di molti italiani che, grazie a lui, sono entrati in contatto con l’esperienza spirituale buddhista in modo non settario e critico, senza esotismi e fantasticherie.
“Unità nella diversità” fu il titolo da lui suggerito e poi utilizzato per un importante congresso dell’Unione Buddhista Europea tenuto nel 1992 a Berlino, un titolo-manifesto per la tradizione buddhista europea di cui, si può dire, è stato uno dei precursori. Una tradizione legata, come lui era solito affermare, ad insegnamenti “rivolti in tutta semplicità ad indicare una via percorribile da ogni persona di buona volontà, di qualsiasi orientamento religioso o laico, per trovarsi in pace con se stessi e con quanto appare intorno a noi”.
estratto dal sito della Unione Buddhista Italiana in memoria del giorno della sua morte
inoltre…
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ciao claudio,
no, non è che ti nascono le cose… il problema è la mancanza di tempo e di occasioni di incontro che sono due tiranni invincibili…
infatti, e ne parlammo, la nascita di questo blog dovrebbe proprio stimolare lo scambio di esperienze tra le persone che condividono questo ambito di vita.
ogni bene, sudhammo
Non sapevo di questo tuo incontro “ravvicinato” con il maestro Vincenzo Piga, io e te dovremmo parlare un pò di più….tu mi nascondi molte cose…!! un abbraccio. Claudio
ebbi modo di conoscere vincenzo piga in un modo molto fortuito…
era il 1994… forse il 1995… il ricordo della data si perde nel tempo…
avevo acquistato in edicola una copia del mensile di sociologia “la critica sociologica”: avevo maturato l’intenzione di iniziare l’avvicinamento al buddhismo, ma leggendo tale libro non avevo nessuna idea di quale potesse essere un inizio “opportuno”.
telefonai ad un signore che abitava a torino, e che era un personaggio reputato all’interno della unione buddhista italiana: mi sembra di ricordare un nome, ma non lo scrivo per non sbagliare.
mi consigliò di contattare la persona più rappresentativa che c’era in quel momento a roma: appunto… vincenzo piga.
mi dette un recapito telefonico. con molta delicatezza e circospezione per non essere ne invadente ne disturbatore contattai vincenzo.
il primo approccio fu di felicità nel sapere che qualcuno aveva voglia di conoscere il buddhismo. mi invitò ad un colloquio a casa sua, alla balduina a roma… se non ricordo male, ma mi sembra proprio alla balduina.
andai… suonai… e il portone si aprì… entri nella casa e fui introdotto in uno studio che era completamente arredato di libri… le pareti erano delle enormi librerie… da pavimento al soffitto… con uno scrittoio anche questo colmo di libri…
ero in soggezione, anche perchè chi mi aprì la porta non era vincenzo… ma qualcuno…
attesi qualche minuto… vari minuti…
quando arrivò notai un signore minuto, consumato dagli anni, ma con un’attenzione di testa eccezionale.
mi rinnovò la sua felicità nel sapere il mio interesse e mi esortò a seguire due soli consigli che stava per dire: “1. scegli un ottimo maestro; 2. fidati di lui senza troppi problemi in testa”.
e già… ma era proprio quello il problema: la scelta del maestro. la esternai, facendo notare che il colloquio era proprio per avere una indicazione su un maestro.
mi disse senza esitazione: “vai da corrado pensa… non sarà facile, ma provaci…”.
queste parole ancora mi riecheggiano nella testa…
restammo circa una quarantina di minuti insieme, nel suo studio, poco illuminato dalle luce, ma profondamente illuminato nella guida che mi stava dando…
lo ringraziai, profondamente… non lo avrei più rivisto… ma la traccia dentro di me resta profonda ed indelebile.
quando seppi della sua morte, sembrò come se un pezzettino di me fosse morto con lui.
mi abbonai alla rivista mensile “paramita” dove trovai degli ottimi insegnamenti e letture.
ogni bene, sudhammo