Questa riflessività della mente o equilibrio emotivo si sviluppa in seguito alla pratica della concentrazione e della meditazione di consapevolezza.
Fatene l’esperienza durante un ritiro: passate un’ora facendo meditazione samatha, concentrando la mente su un unico oggetto, ad esempio la sensazione del respiro.
Mantenete questa consapevolezza, e continuate a riportarla alla coscienza in modo da creare una continuità di consapevolezza nella mente.
In questo modo vi concentrate su ciò che sta capitando nel vostro stesso corpo, invece che essere proiettati fuori su oggetti dei sensi.
Se non avete un rifugio interiore, continuate a proiettarvi all’esterno; venite assorbiti dai libri, dal cibo e da ogni sorta di distrazioni.
Ma questo continuo movimento della mente è estenuante.
La pratica quindi sarà quella di osservare il respiro e non seguire la tendenza a cercare qualcosa al di fuori di voi.
Portate l’attenzione sul respiro del vostro stesso corpo e concentrate la mente su questa sensazione.
Man mano che progredite, passerete da sensazioni grossolane ad altre sempre più sottili e finalmente diventerete voi stessi quella sensazione.
Qualunque sia l’oggetto in cui vi assorbite, diventate quello per un certo tempo.
Quando vi concentrate veramente, diventate quella condizione di tranquillità.
Siete diventati tranquilli.
E’ questo che chiamiamo diventare. La meditazione samatha è un processo di divenire.
Ma se indagate bene, quella tranquillità non è una tranquillità soddisfacente.
C’è qualcosa che manca in essa, poiché dipende da una tecnica, da un attaccamento, da un aggrapparsi, da qualcosa che comunque inizia e finisce.
Diventate qualcosa, ma solo per un tempo limitato, perché il divenire è una cosa mutevole, non è una condizione permanente.
Per cui qualsiasi cosa diventiate, vi è poi la fine di quel divenire.
Non è la realtà ultima.
Per quanto la vostra concentrazione sia profonda, sarà sempre una condizione insoddisfacente.
La meditazione samatha vi porta ad eccelse e brillanti esperienze mentali, ma anch’esse finiscono.
Se poi continuate con la meditazione vipassana per un’altra ora, praticando la pura consapevolezza, lasciando andare tutto e accettando l’incertezza, il silenzio e la cessazione delle condizioni, allora il risultato sarà non soltanto la calma, ma anche una pace profonda.
E questa sarà una pace perfetta, completa.
Non è la tranquillità di samatha, che ha sempre qualcosa di imperfetto e insoddisfacente anche nei momenti più intensi.
Solo la realizzazione della cessazione, man mano che la sviluppate e la capite, vi porterà alla vera pace, al non-attaccamento, al Nibbana.
Quindi si può dire che samatha e vipassana siano due momenti specifici della meditazione.
Il primo sviluppa stati mentali molto concentrati su oggetti così sottili che la coscienza si raffina al massimo.
Ma chi è molto raffinato, chi ha una grande forza di pensiero e il gusto della vera bellezza, può sviluppare un grande attaccamento e sentire insopportabile tutto ciò che è grossolano. Coloro che hanno dedicato la propria vita soltanto alle esperienze sottili, si sentiranno spaventati e frustrati quando non riusciranno più, nella vita quotidiana, a mantenersi a un livello così alto e sottile.
dal libro “Le Quattro Nobili Verità” del Venerabile Ajahn Sumedho
Ogni bene, Sudhammo