
Quando visitai le stupas di Sanchi, dove Buddha tenne il suo sermone del fuoco, fui vinto da una grande emozione, come mi capita sempre quando mi imbatto in una cosa, una persona o un’idea il cui significato mi e’ ancora ignoto.
Le stupas sono situate su una collina rocciosa, la cui cima puo’ essere raggiunta attraverso un gradevole sentiero, pavimentato con grandi lastre di pietra, tra prati verdi. Le stupas sono tombe o reliquari, di forma semisferica, come due gigantesche ciotole per il riso messe l’una sull’altra (cavita’ contro cavita’) secondo la prescrizione dello stesso Buddha nel Maha-Parinibbana-Sutta.
Il piu’ grande di questi edifici e’ circondato da un muro che ha quattro porte artistiche. Si entra per una di queste, e la via conduce a sinistra per una circumambulazione diretta in senso orario intorno alla stupa. Ai quattro punti cardinali sono sistemate statue del Buddha. Quando si e’ completato il primo giro, si entra, per una seconda circumdeambulazione posta piu’ in alto, che va nella stessa direzione.
L’ampia vista sulla pianura, le stupas, le rovine del tempio, la solitaria quiete di quel luogo santo, la loro indescrivibile atmosfera, mi affascinarono. Mai un luogo mi aveva tanto incantato.
Dopo un poco sentii, provenienti da lontano, dei colpi ritmici di gong, che a poco a poco si avvicinavano. Era un gruppo di pellegrini giapponesi: salivano, marciando l’uno dietro l’altro, battendo ognuno un piccolo gong. Scandivano insieme l’antichissima preghiera: Om mani padme hum, e il colpo di gong cadeva sull’hum. Prima di passare attraverso l’entrata, all’esterno della stupa, si inchinarono profondamente, e lo stesso fecero dinanzi alla statua di Buddha; intonarono un canto simile a un corale, quando attraversarono la porta. Quindi compirono la doppia circumambulazione cantando un inno dinanzi ad ogni statua del Buddha.
Guardandoli, sentivo che il mio animo ed il mio spirito erano con loro, e qualcosa dentro di me tacitamente li ringraziava per essere cosi’ meravigliosamente venuti in aiuto dei miei sentimenti inespressi.
L’intensa emozione avutane mi fece capire che la collina di Sanchi aveva per me un significato importante: mi rivelava una nuova realta’ del Buddhismo. Compresi la vita del Buddha come la realta’ del Se’, che tende ad una vita personale e la esige totalmente. Per Buddha il Se’ sta ad di sopra di tutti gli dei, rappresenta l’essenza dell’esistenza umana e del mondo in genere. Come”unus mundus” comprende sia l’aspetto dell’essere in se’, sia l’aspetto del suo essere conosciuto, senza del quale il mondo non esiste. Buddha intui’ e intese la dignita’ cosmolgica della coscienza umana; per questa ragione vide chiaramente che se un uomo riesce ad estinguere la luce della coscienza il mondo cade nel nulla. Il grande merito di Schopenhauer fu che anch’egli riconobbe o riscopri’ questo fatto.
Anche Cristo, come Buddha, e’ una personificazione del Se’, ma in un senso affatto diverso. Entrambi sono per un superamento del mondo: ma Buddha con una visione razionale, Cristo come destinata vittima sacrificale. Nel Cristianesimo questo e’ piu’ sofferto, nel Buddhismo e’ piu’ percepito e messo in atto. Entrambe le strade sono buone, ma nel senso indiano Buddha e’ l’essere umano piu’ completo. E’ una personalita’ storica, e percio’ per gli uomini piu’ facile a capirsi. Cristo e’ al tempo stesso uomo storico e Dio, ed e’ percio’ assai piu’ difficile comprenderlo.
In fondo non era pienamente comprensibile nemmeno a se stesso; sapeva solo che doveva sacrificarsi, cosi’ come gli era stato imposto da una voce interiore. Il sacrificio fu per Lui come un ordine del destino. Buddha agi’ secondo coscienza, visse la sua vita e mori’ in tarda eta’, mentre probabilmente Cristo agi’ come tale, in quanto Cristo, solo per un tempo assai breve.
In seguito il Buddhismo segui’ la stessa trasformazione del Cristianesimo: Buddha divenne, per cosi’ dire, l’immagine del compimento del Se’; divenne per gli uomini un modello da imitare, mentre in effetti aveva predicato che, grazie al superamento della catena delle rinascite, ogni essere umano avrebbe potuto divenire un illuminato, un Buddha. La stessa cosa si e’ verificata nel Cristianesimo: Cristo e’ l’esemplare che vive in ogni cristiano come una persona totale. Ma il corso della storia porto’ alla “imitatio Chisti”, con la quale l’individuo non segue il proprio fatale cammino verso l’interezza, ma cerca di imitare la via seguita da Cristo. Anche in Oriente lo sviluppo storico porto’ a una devota “imitatio” del Buddha, e questi divenne un modello da imitare: con cio’ la sua idea perdette di forza, cosi’ come l’imitatio Christi fu foriera di una fatale stasi nell’evoluzione dell’idea cristiana. Come Buddha, grazie alla sua intima visione, supero’ di gran lunga gli dei di Brahma, cosi’ Cristo grido’ agli ebrei: “Voi siete dei” (Giovanni, X, 34), ma gli uomini furono incapaci di intendere che cosa volesse dire. Percio’ il cosiddetto occidente cristiano, lungi dal creare un nuovo mondo, si avvia a passi da gigante verso la possibilita’ di distruggere il mondo che abbiamo.
Carl Gustav Jung
Ogni bene, Sudhammo