blog associato: buddhismo del quotidiano
Vedo due modi possibili per non essere settari in materia religiosa. Da una parte si può provare rispetto per tutte le confessioni. Per esempio io sono buddhista, ma allo stesso tempo tengo in alta stima il cristianesimo e le altre religioni.
D’altra parte, se uno può limitarsi a portare rispetto alle altre religioni, può anche volerle praticare. È così che alcuni praticano contemporaneamente il cristianesimo e il buddhismo.
Fino a un certo punto è del tutto possibile.
Quando ci si spinge più innanzi sulla via, però, le cose cambiano.
Quando si approfondisce la “vacuità” (La “vacuità”, nell’accezione buddhista, non è il nulla ma soltanto il fatto che nulla ha una realtà intrinseca. L’interdipendenza,intimamente legata alla vacuità, e talvolta considerata equivalente a essa, è il principio per cui i fenomeni non possono esistere se non in rapporto di dipendenza con altri fenomeni, niente può essere causa di se stesso, e in particolare l’esistenza di una causa originaria è logicamente impossibile), e l’interdipendenza di qualsiasi cosa, è difficile accettare allo stesso tempo l’idea di un Dio creatore, esistente di per sé e immutabile. Allo stesso modo per colui che crede in un Dio creatore dell’universo, l’interdipendenza costituisce un problema.
A partire da un certo livello si arriva a toccare ciò che costituisce la base della propria religione e si è obbligati, per così dire, a specializzarsi. Questo non impedisce affatto di rispettare le altre vie, ma rende difficile praticarle insieme.
Inoltre, nel buddhismo esiste una pratica particolare chiamata il “prendere rifugio”. Quando si è preso rifugio nel Buddha non sono sicuro che si possa prendere rifugio anche nel Cristo, per esempio, senza giungere a un dilemma. Penso che sia preferibile, in questo caso particolare, considerare il Cristo come l’emanazione di un bodhisattva.
tratto dal libro: I consigli del cuore
Ogni bene, Osvaldo Sudhammo